Il Lord del Maniero – Capitolo 33 (seconda parte)
Quando arriviamo a Camden la porto a fare colazione. Ne abbiamo bisogno entrambi e io ho bisogno soprattutto di fare qualcosa che mi eviti di pensare a lei nuda e di sbattermela qui seduta stante. Il sole è caldo oggi, si sta bene all’aria aperta ed è da un po’ che non usciamo insieme e stiamo…così.
La tirò a me mentre camminiamo sul marciapiede e la guido lungo la strada, verso uno dei miei posti preferiti qui a Camden.
«Ti piacerà da morire. Ci sediamo fuori» le dico, scostando una grande sedia di vimini che fa parte del caratteristico arredamento di questo posto.
«Perché mi piacerà da morire?» mi chiede con curiosità, accomodandosi sul cuscino che ricopre la sedia.
«Fanno delle uova alla Benedict insuperabili» le dico, sorridendole apertamente.
La cameriera si avvicina e noto con piacere la furia negli occhi di Ava quando raggiunge il tavolo e dedica la sua completa attenzione a me. Faccio finta di nulla, come se non mi accorgessi della situazione.
«Uova alla Benedict per due, per favore» dico calmo, indicando il menu «un caffè amaro forte e un cappuccino doppio, niente cioccolato né zucchero»
Ordino per entrambi e quando alzo gli occhi rivolgo un caloroso sorriso alla ragazza che mi sta di fronte.
«Grazie» le dico con un’espressione sexy.
La ragazza sembra leggermente frastornata e Ava ridacchia tra sé e sé. La cameriera si schiarisce la voce e arrossisce.
«Volete prosciutto o salmone con le uova?»
Le tendo il menu e mi tolgo gli occhiali da sole, lasciando che mi guardi bene e che Ava si ingelosisca ancora di più. Voglio che sappia cosa vuol dire sentire la mia mancanza fisica.
«Salmone, per favore» ordino alla fine.
Ava scuote la testa, poi si concentra sul suo cellulare, reprimendo un sorrisetto.
«Pane bianco o semi integrale?» chiede la cameriera.
Questa volta guardo Ava, che però è concentrata sul telefono. La cameriera, vedendo con rispondo, torna a chiederlo, stavolta rivolta a lei.
«Bianco o semi integrale?»
«Prego?» chiede Ava confusa, alzando gli occhi dallo schermo e guardandoci entrambi.
«Preferisci pane bianco o semi integrale?» le ripeto, reprimendo un sorrisetto.
«Oh, semi, grazie»
Torno a spostare lo sguardo sulla cameriera.
«Per tutti e due, grazie» confermo, scoccandole un sorrisetto mentre lei si allontana barcollando.
Quando torno a guardare Ava la trovo corrucciata, con gli occhi fissi sulla cameriera. Mi afferro il labbro tra i denti perché quello che sta pensando glielo si legge in faccia. A me. Con altre donne. E io devo fare di tutto per farle dimenticare quel pensiero.
«Come vanno le gambe?» mi costringo a chiederle, per rimetterla di buonumore.
«Bene, corri spesso?» replica.
«Mi distrae» rispondo criptico con un’alzata di spalle.
In effetti da quando la conosco lo faccio molto più spesso e molto più a lungo.
«Ti distrae da cosa?»
Non distolgo lo sguardo dal suo.
«Da te»
Sbuffa, inarcando un sopracciglio.
«Perché hai bisogno di distrarti da me?» chiede.
«Perché, Ava…» le dico con un sospiro «Sembra che non riesca a stare lontano da te e, cosa ancora più preoccupante, non voglio farlo»
So da solo di sembrare frustrato. La cameriera torna da noi e ci serve il caffè e il cappuccino. Ma stavolta non perdo tempo a guardarla. Fisso Ava, come se attorno a me non ci fosse nient’altro.
«Perché dovrebbe essere una cosa preoccupante?» mi chiede quando la ragazza si allontana.
Aggrotto la fronte, senza sapere esattamente cosa dirle. ”Dovrebbe essere preoccupante per cento, mille motivi. Perché non vado bene per te, perché potrei farti del male, perché ti mento, perché quando scoprirai tutto di me sarà la fine”. Mi mordicchio il labbro quasi fino a ferirmi. Sospiro forte, abbassando lo sguardo sulla colazione che ho davanti.
«Perché sento di non avere il controllo» le dico poi, tornando a guardarla intensamente. «Non è qualcosa in cui sono bravo, Ava. Non quando ci sei di mezzo tu» confesso amareggiato.
«Se fossi più ragionevole, non ti ci sentiresti molto spesso. Ti comporti così con tutte le
tue donne?» sputa fuori acida.
Sgrano gli occhi, poi li riduco a due fessure, senza smettere di guardarla.
«Di nessun altro mi è mai importato abbastanza da sentirmi così» ribatto, infastidito dalla sua poca fiducia in se stessa e in me. «E guarda un po’, vado a trovarmi proprio la donna più
bastian contrario del pianeta, quella più impossibile da…» mi fermo, stringendo le labbra senza riuscire a trovare la parola adatta per continuare la frase.
«Addomesticare?» replica inarcando le sopracciglia con aria ironica. «E le altre relazioni?»
«Non ho altre relazioni. Non mi interessa essere coinvolto. E comunque, non ne ho il tempo» ribatto scontroso.
«Hai devoluto un bel po’ di tempo a calpestare la mia esistenza» insiste, sollevando la tazza.
Scuoto la testa, sconfortato.
«Tu sei diversa. Te l’ho detto, Ava, passerò sopra chiunque cerchi di ostacolarmi. Persino te»
E questa è l’unica cosa di cui sono davvero sicuro. La cameriera torna da noi con al nostra colazione. Ava la gusta, apprezzandola. E io faccio lo stesso.
«Perché sono così diversa?» chiede, la voce stranamente bassa.
«Non lo so, Ava» rispondo piano. E sono sincero.
«Non sai granché, eh?» replica acida.
«So che non ho mai voluto scopare una donna più di una volta. Con te è diverso… ti voglio sul serio»
Ad Ava va di traverso il toast che sta mangiando e non so come prendere questa sua reazione. Le faccio un sorrisetto di scuse.
«Suonava male detta così» le dico, poggiando la forchetta. Chiudo gli occhi e mi sfrego le tempie. «Quel che sto cercando di dire è che… be’… non mi è mai importato così tanto di una donna da volere qualcosa di più del sesso. Non finché non ti ho incontrata».
Sfrego le tempie con maggiore vigore.
«Non riesco a spiegarlo, ma l’hai sentito, non è vero?» le chiedo, senza riuscire a privare il mio tono della speranza.
Ava mi osserva per qualche attimo.
«Quando ci siamo incontrati, l’hai sentito» le chiedo, deglutendo piano.
Ho bisogno della sua conferma.
Lei mi rivolge un piccolo sorriso.
«Sì, l’ho sentito» dice piano.
Il sollievo mi scorre nelle vene. Sorrido.
«Mangia» , dico indicando il suo piatto con la forchetta.
Ava sospira, rassegnata, riprendendo a mangiare e rimuginando troppo sulle mie parole. Devo distrarla.
«Dobbiamo comprarti un vestito per l’anniversario del Maniero» le dico di colpo.
«Ho un sacco di vestiti» dice con pochissimo entusiasmo.
Poi aggrotta la fronte e infilza con troppa forza il cibo nel suo piatto. ”A cosa pensi esattamente, Lady?”.
«Te ne serve uno nuovo» le dico, sfidandola.
Sospira, sconsolata.
«E comunque te lo devo» aggiungo prima che possa dire qualcosa.
Mi allungo sul tavolo e le scosto una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio.
«Posso decidere io?» chiede.
«Certo» replico, poggiando le posate sul piatto. «Non sono un maniaco del controllo totale» dico.
La forchetta di Ava scivola nel piatto e lei la trattiene a stento.
«Jesse, sei davvero un tipo molto speciale» mi dice dolcemente .
«Non quanto te» le dico, facendole l’occhiolino. «Pronta a marciare su Camden, piccola?» chiedo con un sorriso.
Annuisce e infila la mano nella borsa. La fisso perplesso mentre infila una banconota da venti sotto la saliera. Mi alzo, sbuffando rumorosamente e infilo la mano in tasca prelevando il denaro e mettendolo al posto dei suoi. Il suo cellulare si mette a vibrare, spostandosi su tutto il tavolo. Fa per prenderlo, ma riesco ad afferrarlo prima di lei.
«Pronto?» dico a chiunque sia dall’altro lato.
«Ava…oh, mi scusi…chi è lei? Dov’è mia figlia?»
”Sua madre. Ottimo”.
«Mrs O’Shea?» domando con tutta la calma del mondo.
Ava fa un’espressione allarmata. Allunga le mani per strapparmi il cellulare ma io le rispondo con un ghigno e mi giro dall’altro lato.
«Chi è che parla?» domanda di nuovo la madre di Ava, allarmata.
«Ho il piacere di essere con la sua bellissima figlia» ribatto, girando attorno al tavolo e allontanandomi da Ava che si sta infuriando. Agita la mano, ma io inarco le sopracciglia e scuoto la testa, intimandole di lasciar perdere.
«Bene, sono la madre di Ava. E…qui con me c’è suo padre»
La sua voce è nervosa.
«Sì, Ava mi ha parlato molto di voi, non vedo l’ora di conoscervi» dico, per calmarla.
«Può passarmi mia figlia?»
«Sì, gliela passo. È stato un vero piacere parlare con lei» le dico, allungando il telefono verso Ava.
Lei lo afferra bruscamente.
«Mamma?» chiede, cercando di sembrare allegra.
Mi lancia un’occhiataccia mentre ascolta sua madre.
«Solo un amico, Mamma. Che succede?»
Quella frase mi ferisce. Mi piazzo una mano sul cuore e faccio la parte del ferito, guardandola arrabbiato. Ad un certo punto la sua espressione si fa più attenta. Si volta, come se non volesse farmi percepire il suo stato.
«Mamma, ti posso richiamare dopo? Sono a Camden, c’è confusione» le sento dire.
Le fisso la schiena, ma lei non si volta.
«Ok, ti chiamo dopo»
E’ ovvio che sta cercando di liquidarla. ”Perché, Lady?”.
Quando chiude la telefonata, si volta verso di me che la sto guardando con disapprovazione.
«Perché l’hai fatto?» mi grida.
«Solo un amico? Permetti spesso agli amici di trombarti fino a farti perdere la testa?» sibilo.
Ava chiude gli occhi e quando li riapre sembra esasperata sul serio.
«La tua missione è rendermi la vita il più complicata possibile?» dice, addolorata.
Mi addolcisco, mordicchiandomi il labbro.
«No. Scusami» le dico, porgendole i suoi soldi.
«Non fa niente» sospira, ficcando il telefono in borsa e il denaro in borsa con forza e incamminandosi verso il canale.
Cammino veloce fino a raggiungerla e le avvolgo le spalle con il mio braccio. Passiamo ore a camminare per Camden, tra le bancarelle, nei vicoletti. Ava si rilassa. Il sole si fa sempre più cocente e, ad un tratto, Ava si ferma per togliersi il cardigan. Si volta per legarselo in vita e rimettere a posto la borsetta. E per poco non svengo.
«Ava, al tuo vestito manca un pezzo gigantesco!» urlo, facendo voltare un paio di persone.
Quando si volta sta sorridendo mentre io inizio a temere seriamente che mi venga un infarto.
«No, è proprio così il modello» mi informa, rimettendosi in ordine.
La afferro e la volto, tirando più su il cardigan per coprirle una porzione maggiore di schiena.
«Ma la vuoi smettere?» ride, divincolandosi.
«Lo fai apposta?» sbotto irritato, piazzandole la mano sulla schiena nuda.
Dove non può la stoffa, potrà la mia pelle.
«Se vuoi gonne lunghe fino a terra e maglioni col colletto, ti suggerisco di cercarti
qualcuno della tua età» borbotta, lasciandosi guidare tra la folla.
Sbuffo irritato, pizzicandole un fianco.
«Ma quanti anni pensi che abbia?» chiedo incredulo.
«Be’, non lo so, giusto?» replica facendo la saputella. «Vuoi togliermi il peso del continuare a chiederlo?».
Sbuffo nuovamente.
«No»
«No, come pensavo» brontola, mettendo il broncio.
La vedo allungare il collo e poi subito dopo perdo la mia presa su di lei. Ava devia verso una bancarella strana e molto molto hippy. Talmente hippy che il venditore sembra la versione inglese e metal di Bob Marley. Con un sacco di rasta. E anche un sacco di piercing. E con una nuvola di fumo che lo segue come un’ombra.
«Ciao» lo saluta Ava, con un sorriso, allungandosi per prendere una borsa di stoffa dallo scaffale.
«Buon pomeriggio. Vuoi una mano?» le chiede lui.
E si avvicina troppo, troppo, troppo ad Ava.
Mi avvicino anch’io, rivendicando il possesso sulla mia ragazza.
«Grazie» dice lei, rivolta al ragazzo, aprendo al borsa ed estraendone della stoffa.
«Cos’è?» le chiedo curioso, sbirciando da sopra una spalla.
«Questi» dice, aprendo la stoffa «sono pantaloni alla pescatore thai»
«Penso ti serva una misura più piccola» le suggerisco, osservando la quantità smisurata di stoffa che mi si srotola davanti agli occhi.
«Sono taglia unica» mi dice.
Mi scappa da ridere.
«Ava, lì dentro ce ne stanno dieci come te»
«Si avvolgono attorno alla vita. Una taglia va bene per tutti» replica pazientemente.
Mi sposto di lato, senza abbandonare la mia presa su di lei, e fisso scettico i pantaloni.
«Dammi, ti faccio vedere»
Il proprietario della bancarella si avvicina, sfilando i pantaloni dalle mani di Ava e inginocchiandosi di fronte a lei. Mi irrigidisco all’istante.
«Li prendiamo» esclamo.
«Ti serve una dimostrazione» insiste lui, aprendo la stoffa davanti ad Ava.
Lei solleva un piede per infilare la gamba, ma la strattono all’indietro. Solleva lo sguardo nel mio e mi lancia un’occhiataccia.
«Hai delle gambe splendide, Miss» sento dire a quel coglione.
«Grazie» replica lei, improvvisamente a disagio.
«Da’ qua» ringhio, strappandogli i pantaloni di mano e spingendo Ava con la schiena contro uno scaffale.
Mi piego su un ginocchio, borbottando, e glieli apro davanti. Sorride al venditore e poi infilo i pantaloni, tirandoli su. Afferra le fasce e mi mostra come funzionano quegli assurdi pantaloni.
«Così, vedi?» dice, ripiegando la stoffa tutta su un fianco.
«Splendido» borbotto ironicamente, fissandola scettico.
Ma quando i miei occhi incrociano i suoi, ecco che il suo sorriso mi fa rilassare. Scuoto la testa, sopprimendo un sorriso.
«Li vuoi?» le chiedo.
Ava inizia a sciogliere il nodo per toglierseli.
«Pago io» dice seria.
Alzo gli occhi al cielo e faccio un grugnito di disapprovazione, infilando la mano in tasca e pescando delle banconote.
«Quanto per i pantaloni oversize?» chiedo al coglione.
«Solo una da dieci, amico»
Ava piega la stoffa e la rimette nella borsa di cotone.
«Faccio io, Jesse» mi informa.
«Ma davvero?» le dico, guardandola e contemporaneamente allungando il denaro al venditore.
«Buona giornata» dice lui, ficcandoli nel marsupio.
«Andiamo» le intimo, tornando a metterle la mano sulla schiena nuda.
«Non dovevi passar sopra a quel poveretto» mi dice mentre ci allontaniamo. «E volevo pagare io»
La attiro ancora di più a me e le bacio una tempia.
«Sta’ zitta» sussurro contro la sua pelle.
«Sei impossibile»
«Sei bellissima. Posso portarti a casa adesso?»
Sospira.
«Sì»
Dentro di me faccio un profondo sospiro di sollievo. Mi piace stare con lei, ma questa cosa che osa definire shopping è assurda. Sul serio.
Mentre cerchiamo di uscire dalla calca, Ava viene attratta dalla musica che si sente rimbombare nell’aria. I suoi occhi vagano fino a trovare il punto dal quale proviene, ovvero l’enorme sexy shop nel mercato di Camden. La sua attenzione è completamente rivolta in quella direzione.
«Vuoi dare un’occhiata?» le chiedo piano, osservando la sua reazione attentamente.
I suoi occhi guizzano nei miei.
«Pensavo volessi andare a casa» mi dice sommessamente.
«Possiamo farci un giro veloce» le dico.
Senza attendere risposta, devio verso l’entrata del locale. La luce è bassa, la musica alta. Due cubiste con addosso costumi eccentrici ballano su una balconata in metallo. Faccio strada verso la scala mobile che ci permette di scendere giù, nel cuore del locale che si trova in una fabbrica dismessa. Le luci al neon ci aggrediscono quasi subito, come anche l’abbigliamento fluorescente.
«Non è pizzo, eh?» commento divertito quando la vedo fissare con gli occhi sgranati una gonna cortissima gialla, orlata con spine metalliche.
«Pizzo proprio no» ribatte quasi disgustata. «Sul serio, c’è chi si veste così?»
Rido forte e le indico degli arrapati che sembrano esagitati. Poi la scorto nell’intreccio di corridoi. E finalmente ci troviamo nel reparto sex toys. Attorno a noi musica alta, volgare, una dominatrice vestita di pelle sfrega il sesso su un palo metallico. Continuo ad osservare la sua reazione. E’ pallida e i suoi occhi, quando si incrociano con i miei sono incerti.
«Sconvolta?» le dico divertito.
«Più o meno»
«È un po’ esagerato, no?» le chiedo per tastare i suoi gusti.
Sospira, come se la mia affermazione l’avesse sollevata. Fa per rispondermi, ma quando volta la faccia sgrana gli occhi alla vista di un enorme vibratore ricoperto di lustrini.
«Caspita!» esclama.
«Non eccitarti» le sussurro all’orecchio. «Quelli non ti servono»
La sento trattenere il fiato e rido contro la sua pelle.
«Non saprei. Sembra divertente» replica pensosa, continuando a guardare quell’affare.
Mi acciglio.
«Ava, sarò morto prima che tu usi uno di quelli» la avverto. «Non ti divido con niente e con nessuno».
Senza aspettare replica le afferro la mano e la trascino via.
«Nemmeno con attrezzi a batteria» preciso.
Ava scoppia a ridere e quando la guardo le faccio una smorfia arrogante.
«Però potrei fare un’eccezione per delle manette» aggiungo tranquillamente.
«Non ti eccita questa roba, giusto?», mi chiede, accennando alla stanza in cui ci troviamo.
Mi volto a guardarla e la attiro a me, baciandola piano sulla fronte.
«C’è una sola cosa a questo mondo che mi eccita. E adoro vederla in pizzo» sussurro.
«Portami a casa» dice di getto, con la voce colma di desiderio.
Le faccio un mezzo sorrisetto e la bacio nuovamente, sulle labbra.
«Avanziamo pretese adesso?» le chiedo, senza staccare le mie labbra dalle sue.
«Sì. Non sei dentro di me da troppo tempo. È inaccettabile» risponde fissandomi con aria di sfida.
Mi scosto da lei e la osservo, mordicchiandomi il labbro. ”Ha bisogno di me”.
«Hai ragione, è inaccettabile» le dico.
Poi le prendo la mano e di nuovo la conduco verso l’auto.
Bellissimo Anita!!!!!! 😘😘😘😘😘
Il mio Lord è meraviglioso come sempre io lo adoro davvero !!!!!😍😍😍😍
Grazieeeeeee Anita come sempre sei bravissima mi piace come scrivi e ora non mi resta che aspettare la prossima settimana 😚 😚 😚 😚
A me il lord fa morire di risate bravissima anita
Una delle scene dove jesse risulta essere quasi un uomo normale!😂😂😂so che c’è tantissimo lavoro dietro i tuoi capitoli e adesso sappiamo anche che non vai tanto d’accordo con la mente di quest’uomo ma io che sono qui a lavoro ultimato non percepisco questo distacco o il non rendere jesse come si deve!fai un lavoro eccezionale anita❤
Wow Anita bellissimo sappi che io il li libro non l’ho letto e prima di te non lo conoscevo nemmeno sei fantastica meglio degli originali un bacio
Mah Anita più leggo il tuo Lord più sono convinta, anche se ormai te l’ho detto io infinite volte, che tu hai dono. Si perché ancor di più per il fatto che dici di non capirlo pare improbabile che tu riesca a coglierne esattamente ogni sfaccettatura. 🙂 Almeno secondo me.
“Ha bisogno di me.” Proprio quello che lui voleva: fare in modo che Ava ne avesse così bisogno da non poterne fare a meno. Oddio, non che fosse così difficile con lui, ma lo sa benissimo che la strada é tutta in salita.
Sarà forse per questo che questa storia d’amore mi é entrata dentro: così forte e potente da superare tutto.
Anita non é che forse stai mettendo in pratica gli insegnamenti di Jesse? Perché anche io ho bisogno di te e non posso più farne a meno!!! 😉
Chissà perchè mi trovo perfettamente d’accordo con la mia “socia” 😉 😀
Mi stavo proprio domandando cosa sarebbe successo se ti fosti sentita tuo Jesse tanto quanto Christian …. ci avresti sicuramente mandate tutte al manicomio 😀
Perchè, fidati, già così sei sulla buona strada… con la sottoscritta sicuro!!
Per il Lord ho sempre provato sentimenti contrastanti di amore/odio/fastidio … almeno fino al secondo libro … ora è amore allo stato puro, mi è letteralmente entrato sotto pelle !! 🙂
Tieni botta Anita con Jesse, stai facendo un ottimo lavoro e sono convinta che dal secondo libro ti verrà ancora più facile !! 😉
Un bacio <3
Buon giorno ragazze!!! La foto diJesse che ti manda un bacio ti allarga il cuore:) ho terminato la triologia e mi e’ piaciuta moltissimo ….Jesse mi fa ridere anche arrabbire questo capitolo e’ molto divertente e sapere la sua versione e’ esilerante ….siamo vicini all’ anniversario ne vedremo delle belle ….Anita grazie per tutto l’ impegno e la passione che ci metti grazie di cuore baci 🙂
Questi uomini gelosi mi fanno impazzire. …mia solo mia. ..credo che nella loro testa questa frase è un tormento. …bel capitolo come sempre. ..un bacio e grazie!
Ma cosa sei Jesse Ward 😍???
Quel vibratore carico di lustrini farà una brutta fine 😂😂😂
Grazie Anita ❤
et voila, riletto! non so che dire.. la scena della schiena nuda e dei pantaloni sono esattamente come le avevo idealizzate! ed ora.. andiamo a casa😋 Sei grande Anita😘
Anita sei fenomenale veramente ..adoro JESSE mi fa morir dal ridere, soprattutto quando Ava vedono il vibratore con i lustrini (ho riso da morire) .Lui che cosi geloso e possessivo fa in modo k ava abbia bisogno di lui lo trovo eccezionale ribadisco adoro quest’uomo… kisskiss
Li ho adorati Jesse e Ava😍leggendo questo capitolo mi sono divertita mi é piaciuto ancora di piú del solido😉é entusiasmante il modo in cui battibeccano tra di loro😉e allo stesso tempo si percepiscono i rispettivi sentimenti☺bello bello bello😄anche se come ci hai detto hai trovato meno nelle tue corde jesse e non posso biasimarti perché é un personaggio di perse bello impegnativo fai un lavoro strepitoso😉lo rendi al meglio del meglio☺ha mio avviso e non solo!Complimenti e grazie come sempre Anita☺baci😙
Anita mi piace tantissimo la tua versione della passeggiata dei nostri piccioncini a Camden molto divertente ma la frase finale che Ava rivolge a Jesse per farsi portare a casa e’ mitica,ciao e grazie un bacio
Ufffff ma com’è che leggerei X ore filate ????
Vabbè tutto merito tuo Anita, come sempre 😍
Ma quanto è favoloso il mio Jesse…….. Sembrerà strano ma io adoro la sua gelosia folle per questa donna. Il lord mi è proprio entrato nel cuore. Godiamoci gli ultimi capitoli prima della bufera…. Sono proprio curiosa di vedere cosa t’inventerai per quei famosi terribili giorni. Un bacio a te. Ottimo lavoro, ma che te lo dico a fà, odio ripetermi!
complimenti
X il prossimo lo mettete domani con grey?
Questa sera trovi il nuovo capitolo del Lord 😉