Cinquanta sfumature che amo di te – Capitolo 26
La scelta di viverci spettava solo a me. Una decisione che il cuore –adesso impazzito- aveva preso già da molto, moltissimo tempo. Fosse stato per la sottoscritta, non avrei mai smesso di viverlo. La colpa era soltanto sua. Cedere a delle fottute minacce ponendo fine ad una storia tanto sudata quanto sincera. Minacce di chi poi?
Sollevando un polso per scacciare vie le maledettissime lacrime (anche quelle gli appartenevano!) mi distanziai da lui liberando il viso dalla tenera carezza della sua mano.
Ero in subbuglio, la mente aveva smesso di funzionare correttamente catturata da quella dichiarazione che non smetteva di ripetersi. Se fossimo stati in un cartoon, avrei fatto apparire come per magia un registratore per ricordare alla perfezione e in ordine cronologico ogni singolo punto, rivivendo all’infinito quella potente emozione che mi aveva stesa. Aveva recitato ogni dettaglio che credevo fosse segreto. Altra conferma che io e lui eravamo davvero una sola persona. Aveva persino scoperto che mi schiacciavo i punti neri sul naso!
Continuai a fissare quel delicato anello perdendo lo sguardo nel rosso che spezzava il bianco; che io gli appartenessi era ormai evidente. Potevano passare anche vent’anni di esclusiva lontananza ma la mia anima sempre sarebbe stata sua. Avrei potuto sposarmi, ma l’unico uomo che avrei amato incondizionatamente sarebbe stato solo e soltanto Christian.
Con un mezzo battito di ciglia, sollevai gli occhi su quest’ultimo trovandolo ad osservarmi vigile, cercando forse di analizzare la mia reazione.
Non ero pratica in queste cose, ma.. sbaglio o mi aveva chiesto di sposarlo? Ok, non aveva formulato esattamente la domanda utilizzando le medesime parole ma il desiderio di voler passare la vita insieme e il porgermi una fedina, beh.. a me pareva una proposta di matrimonio!
-Io non posso cedere.-
Mormorai robotica senza alcuna tonalità nella voce. Esternare quell’imposizione mi avrebbe forse aiutato ad auto-convincermi.
Non potevo cedere! Ok, era stata una dichiarazione spettacolare e l’anello era davvero stupendo ma lui mi aveva mollata e non solo. Mi aveva uccisa ogni giorno per cinque lunghissimi mesi.
Sistemai i capelli dietro le orecchie e rapidamente, come un eco, la sua voce vibrò nella mia testa:
“Amo il modo in cui porti i capelli dietro l’orecchio. Lo fai per abitudine o per nervosismo.”
Deglutii a vuoto ormai consapevole che quest’uomo conoscesse ogni cosa di me, anche la più insignificante. Fingere con lui non avrebbe avuto senso perché sarebbe stato come fingere a me stessa; inutile e insensato.
La mano di Christian continuò a rimanere sollevata lasciando in bella mostra un anello la cui pesantezza del significato che portava aggravava sul mio orgoglio ferito. I suoi occhi invece erano spalancati, in attesa di una grazia.
Io non potevo cedere.
Non potevo perdonarlo.
Sì, non avevo smesso di amarlo e se possibile il mio affetto per lui era divenuto sempre più viscerale, ma.. non potevo cedere.
-No.-
Fiatai rispondendo a tutte le sue mute domande:
Ritornare insieme? No.
Sposarlo? No.
Perdonarlo? No.
Ricominciare? No.
No. No. No. No.
Lanciando un ultimo sguardo al suo viso cadaverico e mummificato, gli voltai le spalle correndo in direzione della porta. Prima di aprirla, però, sbuffai mimando quel famoso ‘vaffanculo’ che ormai fungeva da lenitivo e corsi indietro gettandomi violentemente su Christian che non si era mosso di un millimetro. Gli strinsi le braccia al collo, impugnando i suoi capelli, e lo baciai. Succhiai le sue labbra pietrificate invogliandole ad aprirsi con la punta della lingua che non impiegò molto prima di trovare la sua. Finalmente reagì e il lamento disperato che gli vibrò in gola fu per me un ulteriore invito a desiderarlo con più passione.
La sua mano libera andò a premere sulla mia schiena schiacciandomi quanto possibile contro il suo petto. Era come se volesse farmici entrare.
Quel bacio che ogni notte avevo segretamente sognato, desiderato, agognato mi rapì imprigionandomi per sempre a lui. Solo a lui.
-E’ un si?-
Mimò contro le mie labbra costringendomi ad aprire gli occhi per guardare i suoi; non erano mai stati tanto scintillanti e conoscevo abbastanza bene quella lucentezza da sapere che erano lacrime trattenute.
-Non sono pronta a diventare tua moglie, Christian.-
Le espressioni del viso mutarono all’istante mostrandomi tutto lo sconforto che le mie parole gli avevano causato. Mi sentii quasi in colpa, in fondo chi avevo dinanzi era un Christian Grey totalmente differente. Il mazzo di rose rosse (che chissà che fine aveva fatto!), la dichiarazione, che se Shakespeare fosse stato vivo avrebbe sicuramente approvato, la proposta di matrimonio, quell’atteggiamento di sottomissione che non mi era sfuggito dalla sera in cui andai alla villa.. Per lui che non sapeva un accidente di queste cose, era stato un salto davvero alto. Un salto che, seppur per ragioni differenti, io avevo paura di compire.
-Ci sono delle responsabilità di cui non so assolutamente nulla!-
-Neanche io le conosco.-
E il tono decadente mi lasciò intendere che, anche in questo, saremmo stati insieme.
-Dovrai promettere amore eterno davanti a Dio.-
Gli rammentai senza nascondere un’ironica nota di minaccia. Umorismo che lui ignorò.
-Non aspetto altro.-
-Se mancherai al giuramento dato in un luogo sacro, rischi di finire all’inferno.-
Continuai con la satira mettendo alla prova la sua, apparente, salda decisione di sposarmi.
-Se dovessi finire all’inferno non sarà di certo questa la ragione, Anastasia. Starò al tuo fianco fin quando respirerai.-
Abbozzai un sorriso sinceramente intenerito prima di provocarlo un’ultima volta.
-E se dovessi morire prima tu di me? La tua promessa sarebbe infranta.-
Christian poggiò la scatoletta sul ripiano per permettere ad entrambe le mani di pettinarmi i capelli all’indietro così da avere una pulita visuale del mio viso.
-Assolutamente no. Vivrei in te, Anastasia. Sarebbe il mio corpo a lasciarti, ma non la mia anima.-
Deglutii faticosamente cercando di sciogliere il nodo in gola che la solennità di quelle parole mi aveva procurato e mi schiarii la voce.
-Vuoi sapere una cosa, Christian?-
Lui annuì lentamente ed io gli mostrai un sorriso raggiante.
-Ho voglia di cioccolato!-
Lui non poteva sapere quale fondamentale significato nascondesse quel desiderio, ma sia io che voi sì.
Per mesi lo avevo disprezzato perché mi riportava brutalmente a lui, ai momenti che avevamo passato insieme, giorni che volevo a tutti costi cancellare dai miei ricordi. L’alimento che più amavo mi nauseava perché lui non c’era più. Ma adesso.. adesso era ritornato assicurandomi un’eterna presenza. E con lui la mia vitalità.
Tuttavia, Christian mi sorrise di rimando stampandomi un bacio sulle labbra.
-E di questo? Cosa ne facciamo?-
Mi stuzzicò mostrandomi nuovamente l’anello. Tirai fuori dal colletto la catenina d’oro di mia madre e la sganciai.
-Sarò felice di diventare tua moglie un giorno, Mr Grey.-
Ossignore, sua moglie!
-Ma fino ad allora la nostra relazione dovrà rimanere segreta.-
Abbandonai ogni ilarità e lo fissai seria.
-Non voglio che si sappia. Non ora.-
Non ero sicura che mio padre fosse stato pronto ad accoglierlo nuovamente in casa dopo aver visto la sua unica figlia in un stato di coma a causa sua. Stesso discorso per zia Elena, Jane e Nathan.
Sfilai l’anello dal piccolo cuscinetto e lo porsi a Christian. Lui capì e lo infilò alla cima della collana che continuavo a stringere tra le dita dell’altra mano. Il mio, leggete bene mie care amiche, futuro marito si apprestò ad agganciare nuovamente la catenina sfiorandomi il collo con le dita.
-Adesso questo è l’oggetto più prezioso che ho.-
Dichiarai in un soffio meravigliandomi di quanto velocemente tutto l’anormale potesse ritornare.. normale!
Solo fino a due giorni fa ero vuota, morta dentro .. e guardatemi adesso! So che non potete vedermi con i vostri occhi, ma immaginate una bambina che rivede la propria madre dopo una lunga assenza, immaginate un cucciolo che festeggia l’arrivo del padrone, immaginate un adolescente al primo appuntamento. E adesso, immaginate me. Non troverete nessuna differenza perché la felicità, quella vera, è la medesima.
-Non devi lasciarmi più, Christian.-
Mormorai talmente a voce bassa da credere che, colui che aveva allungato le braccia per spingermi forte contro il suo petto, non avesse sentito. Tuttavia l’obbligo risultò chiaro e deciso.
-Per niente e nessuno, Anastasia.-
Strisciai i palmi sulla sua schiena spalmando ancora di più i nostri corpi e nascosi il viso nell’incavo del suo collo, posizione che durò poco perché lui mi sollevò adagiandomi sul piano da lavoro. Allargai le gambe per permettere al suo bacino di inserirsi nel mezzo e le sue dite andarono ad intrecciarsi con le mie.
Le iridi incollate le une alle altre trasmettevano quel desiderio carnale che a voce non riuscimmo ad implorare.
Dopo un lungo letargo la mia femminilità si risvegliò reclamando all’istante di essere soddisfatta e appagata. Anche il respiro mutò; irregolare e pesante.
L’aspetto di Christian non era meno esigente; a parte la palpabile erezione che premeva contro il monte di Venere, le sue labbra erano schiuse lasciando intravedere la punta della lingua bloccata tra i denti.
Piano si avvicinò, portando di conseguenza le nostre braccia unite dietro la mia schiena, e mi sfiorò le labbra con una delicatezza esasperante. Sollevò gli occhi nei miei in una muta richiesta.
In realtà ero già pronta per lui ma il divorante timore decise di bussare proprio in quel momento.
-Quante donne hai scopato in questi mesi?-
La domanda che tanto mi logorava la bocca dello stomaco, laddove vi alloggiava il mostro della gelosia, uscì accusatoria.
-Nessuna.-
La sua riposta invece lasciò trasparire uno sconcerto quasi irritato. Davvero aveva tenuto a bada la sua insaziabile voglia sessuale? Andiamo, un gatto in calore sarebbe stato più casto di lui!
-Giuramelo!-
-Non mi si è alzato una sola volta dopo quel 17 Dicembre, Anastasia.-
Avvampai per la durezza delle sue parole ma non potei nascondere un sorrisino soddisfatto.
-Solo io?-
-Non ha mai desiderato nessun’altra. Solo tu.-
Chiudendo quell’incresciosa parentesi e mettendo a tacere il mostriciattolo verde, mi fiondai sulla sua bocca riprendendo da dove avevamo interrotto.
°°°°°
Risvegliarsi dopo un lungo periodo di totale inattività, fu per la mia virilità di uomo un enorme sollievo.
Quanto avevo desiderato Anastasia? Perdermi in lei, dove tutto era possibile.
Mordendole forte il labbro inferiore, e guadagnandomi un erotico miagolio, portai un braccio attorno alla sua schiena per sollevarla appena così da strapparle le mutandine con l’altra mano.
-Le vecchie abitudini non muoiono mai.-
Ansimò abbozzando un sensualissimo mezzo sorriso bagnato dalla mia saliva. Imitai la piega della sua bocca e le rivolsi un occhiolino riposizionandola così brutalmente sulla superfice da farle emettere un boccheggio sorpreso.
-Vediamo se anche le tue sono ancora vive.-
Le allargai indecentemente le gambe e mi chinai affondando il viso tra di esse.
Le manine di Anastasia corsero tra i miei capelli, tirandoli forte, non appena la lingua si ricongiunse con il suo(mio) sesso, sparendo dentro di lei.
-Oh porca merda!-
Succhiai avido il clitoride pulsante saggiandone il gusto dolce misto a quello di bagnoschiuma. Lei continuava a dimenarsi impugnando con maggior vigore i miei capelli. Quando terminai l’assalto con un sonoro bacio umido, notai che la pelle dell’interno coscia era arrossata a causa dello sfregamento della barba che non avevo ancora rasato. Mia. Lei era solo e soltanto mia.
Quando innalzai gli occhi sul suo viso la trovai stravolta dal piacere mentre respirava dalla bocca socchiusa.
Impaziente, la baciai consentendole di assaggiare il suo stesso sapore, e intanto slacciai i pantaloni abbassandoli.
-Ho.. ho smesso di prendere la pillola.-
Rivolgendole un sorriso sghembo, entrai con un profondo affondo facendola urlare e gettare la testa all’indietro.
Calda, stretta e familiare.
La mia piccola Steele, mi graffiò il collo cingendomi il bacino con le caviglie.
Aspettai che le pareti della sua vagina tornassero ad abituarsi al mio membro e quando il suo mento, scalfito da fine e sottili schegge di capelli castani, si abbassò per permettere ai suoi occhi già assopiti di fissarmi, iniziai a scoparla sul serio. I tonfi che le spinte provocavano, accompagnavano l’umido scontro dei nostri corpi. I fianchi colpivano i suoi con crescente insaziabilità. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che mi ero sentito in paradiso.
La schiera superiore dei denti di Anastasia scivolò sul labbro inferiore mordendolo vigorosamente e le guance diventarono un vero e proprio fuoco.
La manina, invece, si poggiò sul mio viso e i polpastrelli andarono ad infilarsi dentro la mia bocca socchiusa; glieli addentai causandole un’espressione agonizzante. Stava per venire.
-Dai, ragazzina. Mostrami che anche le tue abitudini non sono cambiate. Vieni per me.-
E da brava scolaretta, eseguii il compito guadagnandosi un meritato dieci e lode per il lamento di puro godimento che esalò. Uscii immediatamente da quel tunnel caldo e venni anch’io sui fiori rossi del suo, non più immacolato, vestitino bianco.
Poggiò la fronte contro la mia e attese di riprendere fiato. La strinsi forte e il mondo ritornò ad esistere.
Polvere alla polvere disse qualcuno prima di me, ma io preferii rettificare questa massima; carne alla carne.
Ana continuava a stirarsi la gonna del vestitino strusciando vigorosamente le mani sul punto esatto dove un’appena visibile macchia era testimone di un atto ristoratore e pacificante per le nostre anime lasciate fin troppo nell’agonia di un dolore senza fine.
Mi lanciò un’occhiata per scorgere la mia posizione e mi voltò le spalle.
-L’orlo copre le cosce?-
Domandò preoccupata, lisciandosi la stoffa. La raggiunsi e infilai una mano sotto il vestitino stringendole un gluteo nudo.
-Credi che permetterei di mettere in bella mostra questo bellissimo culo?-
-Christian!-
Il rimprovero che la sua boccuccia liberò mi fece ridere di gusto, ilarità che andò addolcendosi quando notai il rossore sulle sue guance.
-Come fai ad essere estremamente romantico un attimo prima, e dannatamente volgare quello dopo?-
Innalzai le spalle rivolgendole un’espressione totalmente serena. Con Ana non avevo bisogno di fingere o controllarmi, ero semplicemente me stesso.
-Sicura di voler tornare a casa?-
Sospirò e mi abbracciò cingendomi la vita con le braccia.
-Non voglio ma devo. Oggi è venerdì.-
-E quindi?-
-E quindi è la serata del ritrovo.-
Iniziai ad irrigidirmi ma cercai di mantenere l’agitazione indagando con domande dettate dalla curiosità.
-Partita a monopoli con Ray?-
Ridacchiò poggiando una guancia sul mio petto, proprio dove il cuore batteva forte, e rispose dopo qualche secondo.
-Al monopoli mio padre preferisce le carte. Comunque no, maratona di telefilm con Jane, Kristin, Nate e zia Elena.-
Gli ultimi due nomi segnarono la mia disdetta. Chi cazzo era Nate? E per quale fottuto motivo quella puttana avrebbe dovuto seguire dei telefilm con la mia Ana quando la sua stessa vita era una finzione?
La piccola Steele sollevò il mento e mi fissò con un’espressione indecifrabile. Cazzo, quant’era bella.
Scostai una ciocca di capelli corti dal suo viso mantenendo la mano sulla sua guancia.
-Perché li hai tagliati?-
-Non lo sai?! Quando una donna decide di cambiare inizia dai capelli.-
Abominai ancora una volta l’uomo che ero stato per averla abbandonata e deglutii un amaro boccone dovuto al veleno della mia stessa vigliaccheria.
-Cos’altro è cambiato in te, Ana?-
Sussurrai sentendo le sue manine stringermi la maglietta prima di aggrapparsi alla mia schiena. Capii le sue intenzioni e le agevolai il compito prendendola in braccio. Incrociò le caviglie ed iniziò ad accarezzarmi i capelli della nuca; l’aiutava a rilassarsi.
-Non ho più mangiato il cioccolato, mi veniva la nausea solo al sentirne l’odore. Ho smesso di scherzare, non ne sentivo il bisogno né ne avevo voglia. Ho persino bruciato il dvd di Titanic.-
Lei ridacchiò, ormai serena, ma io mi sentivo morire ancora una volta, consapevole di essere l’artefice di tale disastroso mutamento. Mi sarei preso a calci nei coglioni da solo.
-Mi dispiace, Anastasia.-
Le sue dita andarono a spostarsi sulla mia guancia donandomi conforto con quelle carezze gentili.
-Io credo che ogni essere umano abbia una debolezza. La mia, per esempio, sei tu. E questi cinque mesi di totale agonia ne sono stati la prova. La tua, invece, è la mania di volermi proteggere credendo cos’è meglio per me. Ma non è così, Christian. Qualunque sia stata la minaccia e da chiunque sia stata fatta, avresti dovuto dirmelo. Insieme siamo indistruttibili, lo sai. Quindi, basta rimpiangere gli errori commessi. Anzi-
Mi stampò un bacino sulla punta del naso e terminò la frase con solenne serietà.
-Che ci servano da lezione. Io non soffrirò mai più per te perché tu non me ne darai motivo. Ci stai?-
Alla follia. L’amavo alla follia. La mia piccola guerriera era dotata di una forza d’animo che, porca puttana, avrebbe messo k.o. anche satana in persona.
-Ti renderò la ragazza più felice di questa Terra, te lo prometto.-
Cristo santo, le parole mi uscivano come se avessi ingoiato un libro di poesie d’amore ma la verità era che avrei rubato tutta la gioia di questo mondo solo per Anastasia e se ciò mi rendeva un romantico coglione, allora, sarei stato fiero di esserlo. Avevo sentito dire che l’amore ti cambia, ti offusca mente e ragione, ti fa in qualche modo ritornare bambino ed io, gente, avevo subito ogni singolo effetto collaterale. Nella mia vita sempre mi ero sentito solo, sempre. Nonostante avessi Jack, i miei fratelli e i miei genitori, in fondo, mi ero sempre sentito solo. Fino a quando lei aveva iniziato ad amarmi. Avevo fatto il possibile per tenerla lontano da me ma, ovviamente, non era servito a nulla perché non ero riuscito a smettere di amarla. Quand’ero con lei ero una persona migliore, mi sentivo bene, quindi.. non avevo potuto smettere di amarla. Per sempre sarei stato al suo fianco perché lei era casa, la mia casa. Perché insieme noi eravamo casa.
John Lennon disse ‘La vita è ciò che ti accade quando sei tutto intento a fare altri piani’, e aveva ragione.
Si pianifica un matrimonio, la casa dove si andrà a vivere, la scuola che i figli frequenteranno o di che colore saranno le pareti della cucina. Ma i piani sono disegni che facciamo su tovaglioli di carta e per quanto ci si insite per realizzarli, al resto del mondo non gliene frega un cazzo. Ci si può mettere testa e cuore, o utilizzare rotoloni interi di tovaglioli sui quali dipingere i sogni, ma la verità è che la vita ha altri piani per te.
A volte sono migliori di quelli che si desideravano, altre no. Volete conoscere quali erano i miei di piani? Trascorrere il resto della mia vita nella ricchezza, scoparmi donne differenti ogni mese, avere il dominio su tutto e tutti. Ma come sopracitato, ‘la vita è ciò che ti accade quando sei tutto intento a fare altri piani’, e per qualche grazia divina, ciò che mi era accaduto –incontrare Anastasia- era stato il cambiamento migliore che avessi mai potuto desiderare.
Quando si pensa all’amore, si ricordano gli amori della propria vita; gli amori tranquilli, quelli fatti di cinema il sabato sera e cioccolatini il 14 Febbraio, o quelli patiti dopo mesi e mesi di corteggiamento. Ma non tutti gli amori sono così; ci sono quelli inaspettati, gli amori impossibili, clandestini e –naturalmente- gli amori folli.
Questi ultimi sono amori che tutti dovrebbero avere il diritto di tentare, anche una sola volta nella vita. Un amore che ti lascia in bilico, il confine tra sanità mentale e ragione, tra amore e giusta follia. E lei.. lei era la mia corretta dose di pazzia e normalità.
°°°°°
-Allora, hai capito?-
Sbuffai alzando gli occhi al cielo.
-Si, Christian, ho capito. Da quando metterò piede fuori da questa macchina, ti aggiornerò su ogni mio movimento. E stasera, ti manderò messaggi a distanza di due minuti spaccati l’uno dall’altro. E per concludere, stanotte, quando mio padre sarà andato a dormire, ti telefonerò raccontandoti dettagli della mia super-giornata che negli sms non ho potuto scrivere.-
Gli rivolsi un’occhiata sfottente ricevendo un rimprovero espressivo quasi raggelante. Quasi! Il sorriso che cercava in tutti i modi di trattenere rendeva il suo viso semplicemente adorabile.
-Non sopporto dover fingere che ancora ci odiamo.-
-Oh, ma io odio te. Tu dovrai continuare ad essere ancora il coglione che mi ha lasciato.-
-Anastasia Steele, se non vuoi che rilasci un’intervista nella quale dichiaro che hai accettato di sposarmi-
-Un giorno!-
Lo interruppi tenendo a precisare che ancora dovevo seriamente realizzare l’idea di intraprendere una vita matrimoniale.
Christian mi rifilò un’occhiataccia e roteando gli occhi rettificò:
-Nella quale dichiaro che hai accettato di sposarmi, un giorno.-
Enfatizzò con disprezzo l’ultima parola e dovetti fare un enorme sforzo per non scoppiare a ridergli in faccia.
-Ti conviene non giocare con me.-
Col busto si sporse verso e, bloccandomi il mento con la mano, mi baciò.
-Scrivimi. Detesto starti lontano solo perché dobbiamo mettere in atto questa fottuta recita.-
-Non si tratta di una fottuta recita, Christian. Voglio solo preparare mio padre al tuo prossimo ritorno. Ha sofferto quasi quanto me.-
Annuì comprensivo e i suoi occhi angosciati si scusarono ancora. Ormai odiavo vederlo così rammaricato, quindi cercai di alleggerire la questione.
-Vedila come una relazione proibita. Il professor Grey infatuato della sua alunna, Ana Steele!-
Alzai e abbassai velocemente le sopracciglia rimarcando la malizia di un rapporto illecito ma lo sguardo scettico e perplesso che il professor Grey mi rivolse smontò l’eccitazione della fantasia.
-A più tardi.-
Gli stampai un bacio prima di aprire lo sportello dell’auto. Sinceramente ero un tantino stizzita. Poteva anche stare al gioco!
-Miss Steele?-
Quando mi voltai, mi ritrovai il suo viso praticamente attaccato al mio. Persi un attimo il senso del tempo. E del luogo. E della ragione.
-Si?-
Fiatai consapevole di avere un’aria da rintronata.
-Domani la interrogo.-
Continuai a restare un attimo impalata prima di mostrargli la mia schiera di denti per via dell’enorme sorriso che nacque, e lo baciai di nuovo, stavolta sul serio, permettendo alle nostre lingue di assaporarsi ancora, alle labbra di subire quel piacevole dolore dovuto al risucchio.
-Grazie.-
Sussurrai carezzandogli il profilo del naso con l’indice.
-Per cosa?-
-Per avermi fatta rinascere.-
Mi regalò quel sorriso timido che tanto mi era mancato mandandomi in brodo di giuggiole.
-Grazie a te, Anastasia.-
-Per cosa?-
Lo imitai trattenendo il respiro per una risposta che sapevo sarebbe stata zuccherosa.
-Per averlo fatto rinascere.-
Indicò la sua erezione mandando in frantumi quella bolla romantica che ci aveva racchiuso.
-Quanto sei idiota!-
E la sua risata serena fu il ringraziamento migliore che avesse potuto dirmi a parole.
Contenere l’illimitata gioia quel giorno fu un’impresa quasi impossibile.
Potevo pur mantenere un’espressione indifferente e sorridere ogni qualvolta le circostanze lo richiedevano, ma la luminosità degli occhi svelava la felicità dell’anima.
Alle venti in punto, Jane, Nate e Kristin suonarono al campanello di casa portando con loro contenitori carichi di cibo spazzatura; hot-dog, ali di pollo fritte, patatine, tramezzini e biscotti, rigorosamente alla vaniglia.
Zia Elena tardò di dieci minuti omaggiandoci con buste piene di lattina di coca-cola e birra.
Il telefilm quella sera sarebbe stato Grey’s Anatomy. Prima stagione.
Ingozzandoci di cibo, iniziammo la maratona tra un commento e l’altro. Io ero seduta all’angolo del divano, affianco a me zia Elena e a seguire Kristin. Jane e Nate condividevano la poltrona. Papà se l’era data a gambe rintanandosi nel suo piccolo studio con l’attenuante di dover aggiustare la canna da pesca rottasi quella stessa mattina.
A metà del terzo episodio, dopo aver sbavato sul dottor Shepherd, mi scusai per chiudermi in bagno. Sfilai il cellulare che avevo nascosto nella tasca del pigiama blu e vi trovai ben cinque messaggi.
Due erano di Kate, gli altri tre di Christian.
Aprii i primi due.
Domani colazione insieme
Ps. Non è una domanda!
Sorrisi rimpiangendo di non aver invitato anche Kate a questa serata e le risposi con un piacevolissimo Sì.
Avevamo del tempo da recuperare. E poi volevo informarle che Christian ed io eravamo ritornati insieme, o meglio, eravamo promessi sposi! Dopotutto lei era stata la spinta che mi era servita per compiere quel passo.
Con impazienza passai agli ultimi messaggi.
Il mio letto è troppo grande per dormirci solo. Suggerimenti?
Chi è Nate?
Mandami una tua foto.
Tre messaggi. Tre differenti contenuti. Tre diversi stati d’animo.
Io potevo pur essere lunatica, ok, ma lui pareva perennemente mestruato!
Mi accomodai sul water e iniziai a digitare le risposte.
Puoi sempre dormire sul divano.. nell’attesa che Mrs Grey occupi il lato rimanente!
Nate è un mio caro amico e ci tengo a sottolineare la parola AMICO.
In questo preciso momento sono seduta sul cesso, in pigiama, una mia foto sarebbe un’offesa alla sensualità!
E dopotutto di mie foto ne aveva a centinaia, ma evitai di confessargli la mia piccola e innocente ricerca nella sua R8.
Attesi mordendomi il labbro e il cellulare vibrò meno di un minuto dopo.
La parola AMICO, Miss Steele (futura Mrs Grey), non è abbastanza. Soprattutto quando so che siete rinchiusi tra le stesse mura.
Ti ha mai guardato il culo, Anastasia?
Dovresti essere tu ad essere offesa dal significato di sensualità perché troppo riduttivo se associato a te.
Ossignore!
Come ci riusciva? Come poteva essere snervate e infinitamente dolce nello stesso momento?
Accavallai le gambe e pigiai sullo schermo del cellulare. Sobbalzai violentemente quando qualcuno bussò alla porta distruggendo l’isolamento da tutto il resto che la mia mente aveva creato.
-Si?-
-Annie, sono zia. Tutto ok?-
Oddio, da quanto ero chiusa lì dentro?
-Sì, zia. Ho solo mal di pancia. Credo di aver mangiato troppi tramezzini.-
-Vuoi che ti prepari un thè?-
-Grazie!-
Fissai la porta captando ogni singolo rumore. Quando i tacchi di zia Elena attenuarono il loro martellare, capii di essere di nuovo sola. Mi apprestai, quindi, a controbattere.
Caro Mr Grey, sinceramente non mi sono mai accorta se Nate mi abbia guardato il sedere. E poi cosa c’entra, scusa?
Non sono tutti depravati! E comunque adesso devo lasciarti. Mi cerca.
Inviai e scaricai lo sciacquone uscendo dal bagno prima che qualcun altro si accorgesse della mia assenza.
-Ehi, tutto bene?-
Ok, come non detto.
Tutti si erano accorti della mia assenza.
-Sì, ho solo mangiato troppe schifezze stasera.-
Abbozzai un sorriso rassicurante e appena mi accomodai, il cellulare vibrò. Incessantemente.
Qualcuno mi stava chiamando e il mio sesto senso, che raramente sbagliava, mi suggerì che si trattava proprio di lui.
Fui tentata di non rispondere ma la vibrazione stava iniziando a stuzzicarmi fastidiosamente l’inguine.
Sbuffando lo presi e.. accettai la chiamata.
Non dovetti leggere il nome per sapere chi fosse, come non è necessario precisarlo a voi, mie care amiche.
-Ciao Kate!-
‘Adesso sono Kate?’
La voce di Christian, bassa e provocante, mi causò una stimolazione neanche lontanamente paragonabile al tremore del telefonino.
Tutti gli occhi dei presenti erano rivolti verso di me, curiosi di assistere alla loro prima telefonata con l’amica di vecchia data persa e ritrovata, accusata e perdonata.
-Sì, certo!-
Dissi imitando una risatina. Iniziavo a sentirmi un tantino ridicola.
‘Ho capito, non puoi parlare.’
-Proprio così.-
Continuai ad utilizzare quel tono solare sollevando gli occhi su zia Elena che nel frattempo era ritornata porgendomi una tazza di thè fumante che adagiò sul tavolino. La ringraziai con un sorriso e, prima che potessi alzarmi per chiudermi in cucina, il suo braccio mi avvolse le spalle stringendomi a sé.
Merda!
Passai subito il cellulare dalla parte di una Kristin mezza addormentata.
‘Dunque.. mi lasci perché lui ti cerca?’
Eh? L’accusa nella sua voce m’irritò e confuse in egual modo.
-Non ho capito.-
‘Non sono tutti depravati. E comunque adesso devo lasciarti. Mi cerca.’
Riportò le parole del mio messaggio, rileggendolo probabilmente. E compresi.
-Ti sbagli. La parola corretta è: cercano. Dev’essere stato un errore di battitura della tua allieva, Kate. Mi hai chiamato per questo? Per quell’articolo?-
Cercai di trattenere il sopracciglio che stava innalzandosi rivelando un’espressione incredula e irritata.
Christian e la sua dannata gelosia!
‘Deve stare più attenta, Miss Steele, o dovrò bocciarla.’
Tuttavia sorrisi dal suo ritrovato buon umore e dalla voglia di interpretare quel giochino di insegnante-alunna.
-Ok.-
‘Ana?’
-Si?-
‘Non mi hai detto una cosa?’
-Cosa?-
‘Che mi ami ancora.’
Smisi di sbattere le ciglia fissando, senza vederlo davvero, lo schermo del televisore.
L’insicurezza di Christian era quasi tangibile. Nonostante tutto, la sfiducia in se stesso era ancora rimasta. Aveva bisogno di sentirselo dire, necessitava conferme dalle mie labbra. E questa sua debolezza, m’intenerì.
-E’ ovvio. Ma adesso sto guardando un telefilm con la mia famiglia.-
In realtà il vero messaggio era: chiaramente ti amo ancora, ma non posso dirtelo adesso davanti a coloro i quali stiamo nascondendo la nostra relazione.
‘Se mi ami dì che pioverà.’
I peli mi si rizzarono, spinti dall’eccitazione del pericolo. Frasi in codice, significati appena celati sotto un sottile strato di finta ingenuità. Il cuore iniziò a tamburellare forte e le dita strinsero forte il telefonino.
-Presto pioverà.-
Dissi con voce tremante e carica di sentimento che nessuno, a parte me e lui, poteva percepire.
Non avevo idea con quale criterio Christian scegliesse le asserzioni, ma quest’ultima ripetizione mi assicurò delle occhiate perplesse da parte dei miei amici; era il mese di maggio e a giudicare dalla precoce afa sarebbe stato alquanto impossibile un acquazzone.
‘Se davvero un giorno, spero il prima possibile, diventerai mia moglie dì che sei una ragazzina.’
-Dai, lo sai che sono solo una ragazzina!-
La voce mi uscì stridula ingannando l’intenzione a volerla camuffare d’ironia.
Percepivo il sorrisone di Christian oltre il telefono e alzai gli occhi al cielo prima di puntarli su zia Elena che stava guardandomi guardinga.
-Ora devo andare, Kate. A domani!-
Non resistetti e così lo dissi nuovamente garantendomi una seconda occhiata scettica da parte dei presenti.
-Anche se credo che pioverà.-
‘Ti amo anch’io, ragazzina.’
Chiusi la conversazione e, come se niente fosse, ritornai a guardare Grey’s Anatomy. Inutile dirvi che i protagonisti erano cambiati nella mia mente isolata da tutti; lui aveva delle meravigliose iridi grigie e lei dei sognanti occhioni azzurri.
Il pomeriggio del giorno seguente, ricevetti una sorpresa del tutto inaspettata; l’invito alle nozze di Ros Harris che si sarebbero celebrate il sabato prossimo.
Mi sentii lusingata per quella partecipazione ma anche abbastanza immeritevole; la Harris mi aveva aiutata a respirare da sola quando ancora Christian era fuori dalla mia vita. L’avevo sentita come una madre; il suo affetto, la sua premura e la durezza delle sue parole recitate con il solo scopo di farmi rinsavire. Nonostante avessi avuto attorno persone che per me erano davvero importanti, soltanto lei era riuscita a vedermi davvero. Comportamento tipico di.. una madre, appunto.
Sollevai le palpebre per guardare zia Elena che stava preparando un dolce e, a malincuore, realizzai che neanche lei, la donna che mi aveva cresciuta, si era resa conto che ero stata morta dentro.
Sospirai pigramente cambiando la direzione dei pensieri; sicuramente ci sarebbe stato anche Mr Grey al matrimonio. Alla sola idea le labbra si delinearono in un’ampia e completa linea.
-E così Ros e Lauren convoleranno a nozze.-
Sobbalzai udendo la voce della zia alle mie spalle. Mi voltai e moderai il sorriso rendendolo più contenuto.
-Già. Credo che ci andrò.-
-Oh, tesoro. Non puoi lasciarmi andare da sola.-
Cosa? Stavolta mi girai completamente per poterla guardare.
-Vieni anche tu?-
-Conosco Lauren.-
Spiegò la ragione del suo invito stringendomi le spalle prima di ritornare in cucina.
Sinceramente mi sentii un pochetto infastidita poiché sarei dovuta stare ancora più in allerta con Christian. Fissai i suoi capelli biondi e mi pentii di quel vergognoso ed egoistico pensiero. Zia Elena era sempre stata al mio fianco appoggiando tutte le mie scelte. Avrei potuto parlarle e magari anche farmi consigliare come preparare papà all’inaspettata (e ancora scioccante) proposta di matrimonio dall’uomo che aveva ‘rovinato’ la sua adorabile figlia.
La raggiunsi. osservando le sue mani pesare gli ingredienti prima di buttarli nel recipiente.
-Zia?-
-Si?-
Mi morsi il labbro inferiore sfogliando freneticamente il mio vocabolario per trovare le parole più adatte.
Quando il silenzio si prolungò, i suoi occhi celesti puntarono nei miei alla ricerca di qualche indizio.
Le sorrisi e sollevai le spalle. Magari avrei tentato l’indomani a sfogarmi con lei.
-Io vado a trovare Kate.-
-Ci sei andata stamattina.-
-Beh, un anno di lontananza è troppo per due pettegole come noi!-
Le stampai un bacio sulla guancia ispirando il suo profumo di bergamotto e le carezzai la schiena.
-A stasera.-
-Mi raccomando, Annie.-
°°°°°
Alle diciotto in punto la mia piccola fuggiasca uscì dalla porta di casa. Percorse veloce il breve vialetto e si chiuse il cancello alle spalle.
Indossava un jeans chiaro sotto una camicia a quadri blu e bianca stretta in vita da una catenina grigia e lunga fino a coprirle il culo. Nonostante i tacchi, la sua camminata era rapida e spedita.
Dovette percorre parecchi metri prima di raggiungere la mia auto parcheggiata fuori dalla visuale di casa sua.
Con disinvoltura ma furtiva, entrò chiudendo lo sportello del suv Audi con un dolce tonfo.
Le guardai il profilo del suo bellissimo viso attendendo che si voltasse e quando finalmente lo fece, mi rivolse un sorrisone. Era euforica. D’altronde la passione per il pericolo la eccitava oltre ogni limite.
Senza dire una parola, si sporse verso di me per salutarmi; le andai incontro portando una mano dietro la sua nuca per stringerle il collo e incollarla alla mia bocca che aveva iniziato a divorare la sua in un bacio lento e possessivo.
-Devo essere a casa per le 21.-
Mormorò contro le mie labbra torturandomi quello inferiore con la morsa dei denti prima di succhiarlo avidamente facendo indurire ancor di più il sesso che non smetteva di lievitare sotto la fastidiosa stoffa dei jeans.
-Coprifuoco, Miss Steele?-
-Sì, Mr Grey. Cena di famiglia.-
M’irrigidii ipotizzando che in quella riunione avrebbe fatto parte anche lei. Anastasia si rese conto del mio fulmineo cambiamento e mi rivolse uno sguardo indagatore. Mi affrettai a rivolgerle un sorriso sghembo.
-Ho una sorpresa per te.-
Il diversivo funzionò perché i suoi occhi s’illuminarono, impazienti.
-Ma non è qui.-
Aggiunsi. La linea eccitata delle sue labbra andò ad abbassarsi in un infantile e adorabile broncio. Sghignazzai posizionando una mano sul volante e l’altra sul cambio marcia accompagnato dal romantico appellativo di Anastasia. Stronzo.
-Allora? Qual è la mia sorpresa?-
La piccola Steele si guardò intorno nel salotto di casa mia mentre io appoggiai la spalla contro la colonna tenendo la bocca chiusa. Non spettava a me parlare.
-Ciao principessa.-
Anastasia si voltò di scatto puntando, come se avessero una calamita, gli occhi sulla figura di Jack.
Sul suo viso sfilarono indecifrabili emozioni ma l’ultima, quella che rimase, fu facilmente leggibile; gli angoli interni delle sopracciglia andarono a sollevarsi all’insù e in contemporanea quelli della bocca si incurvarono verso il basso.
Le manine erano strette a pugno mentre continuava a fissare immobile il mio amico, anch’egli visibilmente agitato.
Due pesanti respiri e Ana partì a razzo per lanciarsi tra le braccia di Jack che la afferrò senza alcuno sforzo. Si attaccò al suo corpo come fosse un koala e pianse contro l’incavo del collo, tirandogli la maglietta.
Le mani di Jack, invece, le carezzavano la schiena cercando di tranquillizzare i sussulti provocati dai singhiozzi.
-Ogni volta che mi vedi, piangi. Ti faccio davvero così schifo?-
Lo sfottò fu un controsenso a causa della voce spezzata che non era riuscito a camuffare, tuttavia servì a far ridere la mia bambina che ancora non aveva smesso di versare lacrime.
-Cretino!-
-Grazie!-
E sorprendendo entrambi, Anastasia gli stampò un bacio sulla guancia.
Jack si schiarì la voce, cercando di nascondere l’imbarazzo con una delle sue battute da coglione.
-So di essere irresistibile, principessa, ma qui qualcuno è diventato verde.-
I due compagni di giochi si voltarono verso di me.
-Sbaglio o i muscoli delle braccia gli si stanno gonfiando?-
Sussurrò la piccola Steele accertandosi però che la sua voce giungesse chiara alle mie orecchie.
-Uhm, dici che si sta trasformando nell’incredibile Hulck?-
L’assecondò l’altro senza smettere di fissarmi come se fossi un esemplare raro di chissà quale specie animale.
-E’ possibile. Guardalo, sta diventando ancora più verde.-
-Secondo te mi farà fuori?-
-Sì.-
Risposi avvicinandomi a quei due per riprendermi la mia vipera che, ben lieta, si buttò addosso a me stringendomi forte.
-Grazie per la sorpresa.-
Le sorrisi pulendole il viso dalle lacrime.
-Sono felice ti sia piaciuta.-
A rispondere fu Jack che mostrò un sorriso schifosamente soddisfatto, linea che Ana ricambiò.
-Allora, cosa si fa?-
Chiese lui sbattendo le mani prima di strofinare vigorosamente i palmi. La sua felicità era evidente in ogni gesto, parola o sguardo. Felice di aver ritrovato la sua principessa, felice di aver ritrovato il suo vecchio amico Crissy.
-E se facessimo una nuotata in piscina?-
Propose lei continuando a giocherellare con i miei capelli alla base della nuca.
-Come fai a sapere che ho una piscina?-
Ero sicuro di non averle mai mostrato l’intera villa. Anastasia sollevò un sopracciglio e mi guardò con ovvietà.
-Non ce l’hai?-
-Certo che sì.-
Risposi con altrettanta impertinenza.
-Appunto.-
Mormorò stampandomi un rapido bacio sulle labbra prima di tornare su Jack.
-Allora?-
-Chi arriva ultimo offrirà il caffè per una settimana!-
Sentenziò iniziando a correre verso la scalinata che portava nel sotterraneo. Ana si affrettò a scendere dal mio corpo per seguirlo.
-Ehi, non è giusto! Io non so dove sia la piscina!-
Scossi la testa seguendoli con lo sguardo. Insieme, quei due, tornavano bambini ma d’altronde il loro rapporto era sempre stato così. Ovviamente l’intenzione di Jack era stata appositamente studiata con il solo scopo di poter rivedere Anastasia con la scusante del pegno di una scommessa che sapeva avrebbe vinto. In quei mesi anche lui aveva sentito molto la sua mancanza ma adesso ogni cosa era finalmente tornata al suo posto.
Beh, in realtà ne mancava soltanto una da sistemare. La più dannosa. La più difficile. La più pericolosa.
Elena Robinson Lincoln.
°°°°°
Rivedere Jack, riabbracciarlo e riprendere quel rapporto fraterno che tanto avevo desiderato, aveva permesso al puzzle della mia gioia di completarsi.
Cosa potevo desiderare di più dalla vita? Assolutamente nulla!
Prima di rientrare in casa obbligai ai miei muscoli facciali di rilassarsi nascondendo un sorriso ormai indelebile.
Un paio di lunghi e profondi respiri e aprii la porta. Sentii subito la voce attutita di zia Elena provenire dallo studio di mio padre. Senza far troppo rumore con i tacchi per non disturbare un’eventuale conversazione tra i due, mi avvicinai alla porta socchiusa ma intravidi solo la figura della zia. Parlava al cellulare.
Feci per ritornare indietro ma un nome in particolare fermò ogni muscolo spingendomi ad orecchiare.
‘No, forse non ci siamo capiti. Voglio vederlo rovinato. Cosa cazzo significa che adesso è intenzionato a riprendersi l’azienda?’
I peli mi si rizzarono provocandomi un fastidiosissimo brivido.
‘Per cinque mesi è sparito e adesso salta fuori all’improvviso? No, ho fatto tutto il possibile, credimi!’
Appoggiò il sedere contro il bordo della scrivania e subito mi ritrassi appiccicando la schiena contro il muro per non essere vista. Mi stava salendo un senso di nausea in gola.
‘Si è rammollito, Andrea! Ha preferito mia nipote a me. Capisci? Una ragazzina che non conosce assolutamente nulla di sesso, se non quello base. Christian ha bisogno di fottere senza pietà e non poteva farlo con una bambina inesperta.’
Restò in silenzio ascoltando probabilmente la risposta dell’interlocutore mentre io ero prossima a vomitare sul serio.
Zia Elena conosceva dunque Christian? E come poteva parlare di sua nipote con così tanto scherno?
‘Oh, non credo. L’avvertimento è stato molto chiaro; se non avesse lasciato Anastasia, l’avrebbe pagata cara.’
E con quest’ultima frase, la mattonella sulla quale i miei piedi erano incollati, si frantumò in mille pezzi lasciandomi sprofondare in una voragine scura e senza fine, il baratro di una realtà impossibile da credere.
Silenziosa com’ero entrata, uscii e come uno zombie camminai sulle vie tranquille del mio quartiere. Sfilai il cellulare dalla tasca e premetti il tasto di chiamata rapida.
La sua voce mi tranquillizzò dopo soli due squilli.
‘Ana?’
La mia invece uscì incolore.
-Christian?-
Finalmente sono tornati insieme!!! Ah che gioia!!! E quella stronza della zia la pagherà cara secondo me! E ben le sta! Però non puoi lasciarci cosiiii! Dimmi che pubblicherai ancora questa settimana! Ti pregoooo! Comunque sei fantastica!! ❤❤❤
Favolosa anche la sorpresa di Jacky ❤❤
Complimentoni! Capitolo indescrivibile , bellissimo e intrigante. Sopra ogni cosa c’è l’amore dei due ragazzi e su questo nessuno deve interferire, Elena avrà (spero) quello che si merita. Sei bravissima e Grazie
Buona sera fanciulle! Eeeehhh l’ amore, e l’ amicizia tra Ana e Jack . Adesso, finalmente un po di pace….. ma la stronzona , non demorde la deve pagare , anche l’ altra stronzona. Cmq, grande come sempre , Sara. Baci ♥ 😀 😛
Bellissimo!!!!!!!❤️❤️❤️❤️❤️❤️
Ogni volta mi domando come sia possibile creare quello che hai creato tu. Sei… boh… incredibile? Meravigliosa? … È troppo, troppo perfetta questa storia! Non vedo l’ora di rileggere il capitolo del matrimonio di Ros… un bacione
Stupendo l’amore vince su tt…la strega la pagherà cara la odio nn sl li ha ftt lasciare ma voleva anke la sua azienda e proprio vero l’amico più caro e sempre quello ke te la mette nei fondelli scusate x il francesismo ma è la verità grazie 😙
Ke dire ANA finalmente sa tutto e adesso tocca a lei sistemare tutto cm toccava a lei se ritornare o no cn CURISTIAN. ELENA fà veramente skifo ha il coraggio di chiamare ANA nipote quando trama alle spalle e una donna davvero disgustosa
AL PROSSIMO CAP IO CI SARÒ SEMPRE
Bravissima! Questo capitolo e il precedente sono bellissimi e tu scrivi molto bene mi piace il tuo stile e la storia è davvero intrigante. Complimenti davvero! Al prossimo capitolo 😉
Sarò ripetitiva ma dopo aver letto due volte questa storia ancora mi fa emozionare. .. brava complimenti
Carissima mi associo ad Anna ,potrei rileggerlo ancora e ancora ma le emozioni sono sempre forti e vive.
Bravissima….. Non vedo l’ora di leggere il prossimo Capitolo…
Però ci hai llasciato sul più bello.!!!!
Rimarrò in ansia fino a settimana prossima..😙😙😙